Ciao caro amico,
come
stai? Ho qualcosa da raccontarti. In questo momento ho proprio bisogno di un
amico a cui scrivere. Sono un solitario dalla nascita. Conosco tante persone,
ma non un amico a cui scrivere questo impasto di sentimenti ed emozioni che ho
sul cuore. Posso scrivere nel mio diario, ma il bisogno di scrittura è premessa
di condivisione. Scrivo quindi all’amico che vorrei avere. Ho messo il naso
contro il vetro. Avrei voluto attraversarlo e raggiungere Gianni, arrivare al suo letto di ospedale, nella sua stanza in rianimazione. Gianni De Angelis,
nella vita ha portato avanti la famiglia lavorando come informatore
farmaceutico, anche se per via della sua laurea lui si è sempre presentato come
farmacista. Sinceramente, quel mestiere lo proposero anche a me, risposi grazie
no. Il mio carattere è quello che è. Mi ancora, dico bene così, a Gianni De
Angelis un “ricordo base”. Il Signore mi ha chiamato a conversione dal mio
ateismo nel millenocentonovantacinque. Ha usato uno strumento che si chiama Cammino
Neocatecumenale, che da inizio ad ogni anno liturgico con un ritiro che si
chiama “Convivenza di inizio corso”. Correva l’ottobre
millenovecentonovantasei, in un posto dove c’era la neve, era gli ultimi anni
delle quattro stagioni, Gianni De Angelis era il capo equipe che portava avanti
quella convivenza, così chiama il Cammino i momenti di ritiro. Consegnò al mio
cuore delle parole bibliche: - Cercai l’amore dell’anima mia, /lo cercai senza trovarlo /
trovai l’amore dell’anima mia, /l’ho abbracciato e non lo lascerò mai! – Con queste parole Kiko Argüello, fondatore del Cammino
Neocatecumenale, musicò un brano del
Cantico dei Cantici. Parole misteriose, che oggi mi portano a cercare la
spiritualità del Carmelo. Poi l’annuncio kerigmatico: “Caritas Christi urget nos”, con il suo finale carico di patos,
quella postilla alla fine di un contratto che offre una grande avventura: “Guai a me se non annunciassi il Vangelo”.
La musica arricchì queste parole di una carica spirituale, di uno slancio e di
un entusiasmo che mi avrebbero poi portato in seminario. Solo che la mia
avventura è stata oggettivamente un disastro. La storia di don Maurizio Pallù,
che in seminario entrò nel millenovecentottantotto, la voce della sua testimonianza, missionario
in Nigeria, rapito due volte in un anno, mi hanno impressionato molto. Abbastanza
per capire che di fatto ho assecondato una certa pusillanimità. Sulle parole
che mi consegnò Gianni De Angelis avrei potuto fondare tutta la mia vita.
Parole testata d’angolo, così ingombranti che mai hanno permesso si potesse
costruire altro su di loro. Ancora oggi mi interpellano. Grato per averle
ricevute, tutt’ora nel duemiladiciassette. Ventidue anni dopo, grato ad un
altro essere umano per delle parole. Nemmeno sue, bibliche. Guardo attraverso
il vetro vedo la sua famiglia, ed il mio pensiero va al figlio che si sta
precipitando da Milano. Osservo il gruppo della elite dei suoi amici, un medico, un dirigente regionale, un
direttore sanitario, sono quelli che hanno potuto passare la “dogana” delle guardie
giurate. Gianni De Angelis è ricoverato per una terribile caduta, a seguito della
quale ha un ematoma di sette millimetri e fratture multiple, il cui elenco da i
brividi come un film horror. Da ragazzino frequentò la parrocchia,
poi il suo parroco, don Antonio Rotondo, buon anima, lo introdusse nel Cammino
Neocatecumenale, correva l’anno millenocentosettantotto. Una novità pastorale,
dal sapore elitario, che insieme ad
altri ha governato fino ad oggi. In una parola, si può ben dire, oltre a
lavorare, ha passato tutta la vita ad evangelizzare. Come si trova in questo
dramma? Alle quindici e quindici ha fatto circolare tramite Wathsapp un video
da –Bel Tempo si spera- di Tv 2000, con l’intervista ad Antonio Balestrieri il
marito di Lina Cutaneo, la sorella del Cammino Neocatecumenale, rimasta vittima
del terremoto di Ischia. Una profezia ed una chiave per leggere la storia. “Guai a me se non annunciassi il Vangelo”.
Guardo oltre il vetro che mi separa dall’anticamera della sala di rianimazione.
Due settimane prima sono entrato nel reparto di terapia intensiva da don
Antonio Carbone, vittima di un incidente stradale. Pochi giorni prima è salito
al cielo. Tenevo Gianni aggiornato di ogni cambiamento, chiedendogli preghiere.
La sera precedente, in una liturgia comunitaria, ha pregato proprio per l’anima
di don Antonio Carbone. Vorrei passare quel vetro, attraversare i suoi amici di
tutta la vita, attraversare persino la sua famiglia e raggiungerlo al suo
letto. Vorrei, come ho fatto con don Antonio, infilargli un’immagine della
Madonna che Scioglie i Nodi, tanto cara a Papa Francesco, sotto il suo cuscino.
In mezzo a quei suoi amici, che si conoscono da tutta la vita, non sono
nessuno. Ho solo tanta gratitudine nel cuore, per delle parole. Solo per delle
parole, di ventidue anni fa. Tra me e quel letto c’è troppa gente. Amici di una
vita, professionisti, farmi strada li in mezzo è difficile. Stacco finalmente
il naso dal vetro. Guardo al cielo. Tu solo Signore sai bene con quanta
pochezza ho trattato il tuo annuncio. Mi trema il labbro se penso che ancora mi
rivolgo a te. Dopo tanti anni rimango uno spudorato. Volevo essere prete e missionario
per le parole che mi consegnò Gianni. Né la prima intenzione né la seconda mi è
riuscita di realizzare. Ho sbagliato, ne
pago le conseguenze. Ma su quelle parole ho indirizzato tutta la mia storia e
con esse morirò, in un modo o in un altro. Pertanto, per avermi guadagnato a
te, ti prego per Gianni De Angelis, che già con un nome così, hai stabilito per
lui un programma. Ti chiedo di abbracciare lui, la moglie Cristina, i suoi
figli, che ha messo al mondo per amore tuo. Ti prego dal profondo del cuore, e
Tu sai bene come sia capace di essere riconoscente. Nella sua vita avrà fatto
migliaia di elemosine, ma credo che nessuno dei beneficiati lo ricordi. Per
quelle parole, nemmeno sue, che mai avevo sentito prima, lo benedico dal
profondo del cuore. Accetta Signore mio, questa gratitudine come una preghiera.
Concedile di salire a te come incenso. Abbraccialo a te. Abbraccia a te la sua
famiglia. Abbracciali tutti Gesù, per aver fatto conoscere il tuo nome tra le
genti. Te lo chiedo con il cuore colmo di gratitudine. Sia per te incenso
profumato.
Ecco, se avessi un amico a cui scrivere, gli invierei questa
lettera. Allora Gesù, posso scriverla a te?
Arturo Lania