venerdì 28 luglio 2017

Socrate era un cretino?

Socrate era un cretino?
A tutti piace fare una bella citazione. Diceva quello, diceva quell’altro. Si fa sempre bella figura, se poi uno cita un filosofo greco, si ferma il respiro. Questo accade per due ordini di motivi. O si parla con quella massa di cittadini formati negli istituti tecnici, che di filosofi ne hanno sentito parlare solo in televisione. Oppure con quella deliziosa elite che viene dai licei, che immediatamente ricorda il terrore per l’interrogazione filosofia. Poi un ricordo tira l’altro e si fa l’intera gamma delle interrogazioni che più facevano paura, tra cui quella materia che ha terrorizzato tutti, la matematica. A te no? Che poi con il tempo si dimentica pure. Resta solo l’aritmetica. Addizioni, sottrazioni etc. Elementari. La memoria fa lo stesso con la filosofia. Di fronte ad una frase del tipo:<<Come disse Socrate?>>.  E che ne so? Mentalmente è ovvio, fa brutto sembrare ignoranti. La frase a cui penso è una che circola spesso – So di non sapere -. Mo diciamolo pure, è una frase hit parade, se anche Socrate era ignorante, allora va bene, siamo assolti tutti. La questione sta tutta qui. Chi lo ha detto che Socrate lo ha detto? Domanda degna del film di De Crescenzo. Facciamo una passo alla volta. Socrate, chi era costui? Bho! Platone, questo è conosciuto assai, ne parla come il suo maestro, ma per gli storici potrebbe averlo inventato. Allievo di Platone fu Aristotele, altro vip. Anche lui avrebbe scritto libri che nessuno ha mai visto, pertanto un che di leggendario caratterizza anche lui. A sua volta fu mentore di Alessandro Magno. Certamente figura storica, ma da top ten dei personaggi più per la parte leggendaria che per i fatti certi. Per cui, già ci troviamo di fronte ad un bel giro di filosofi molto impastati di leggenda. Certo cose interessanti ne dicevano. Per molti secoli la storia del pensiero filosofico ha attinto al loro sistema. Capirete che attingere a “so di non sapere” sarebbe stato difficile. Allora che diceva Socrate? Per la lezione di filosofia rinvio al web. Circa la frase famosa, una precisazione piccolina. Socrate, o Platone per lui, si riferiva all’essenza della realtà, che resta invisibile agli occhi. Nessun elogio dell’ignoranza. Nemmeno un esercizio di umiltà, ma un’indicazione a non fermarsi al visibile, che rappresenta solo una parte e nemmeno quella essenziale della realtà. Praticamente il Piccolo Principe di Antoine de Saint Exupéry. Solo che se uno cita il Piccolo Principe sembra uno limitato, una storiella per bambini. Socrate, che neanche lo conosce, fa più figura. Eppure la sua frase, assumerebbe tanto valore in più, coniugata con questa: <<Non si vede bene che col cuore. L’essenziale è invisibile agli occhi … L’essenziale è invisibile agli occhi, ripeté il piccolo principe, per ricordarselo.>>. Farebbe un gran bene al nostro cervello leggere l’intero brano e poi l’intero libro. Con tutto il rispetto per Socrate. Ricordo che il Piccolo Principe arriva a questo livello quando confrontandola con mille altre, tutte uguali, si rende conto che la sua rosa è unica al mondo. Il suo sguardo è andato oltre e a ha cominciato a conoscere. Ha visto qualcosa che prima gli era invisibile. Non scappare caro e forse fantomatico lettore. So di non sapere, ma posso sapere se cambio sistema di guardare, che mi fa distinguere tra ciò che amo e ciò che nemmeno conosco. Quindi chi ama conosce e inevitabilmente chi conosce ama. A me pare un bel passo in avanti. Che pare? Facciamone un altro. Un’altra citazione ci vuole. Le parole da sole, sono come le persone, rappresentano poco. Insieme ad altre, anche congiungendosi a distanza di secoli, formano un panorama degno di una sosta.  Il beato Card. Newman ha scritto: "Io sono stato creato per fare qualcosa o per essere qualcosa per la quale non è stato creato nessun altro; occupo un posto nei piani di Dio, nel mondo di Dio, un posto che non occupa nessun altro … Dio mi conosce e mi chiama per nome … sono necessario nel mio posto come un Arcangelo nel suo". Qui dentro trovano posto tutti e due, Socrate e de Saint Exupéry. Ora ci vuole il gran finale, un altro filosofo. Søren Kierkegaard, nel suo diario ha scritto: << Ciò che costituisce la serietà dell’amore di Dio è amare, ed essere amato è per Lui una passione>>. Come è stato possibile arrivare da uno sconosciuto greco a tutto questo? Non lo so neanche io. Camminando, un passo alla volta. E quella verità che Socrate sapeva di non conoscere glie la propone il cardinale di Bologna monsignor Caffarra: << Questa è la verità della creazione: c’è un Dio che ti vuole e ti ama e desidera che tu viva con Lui, per sempre>>. No, chiunque fosse, credo che Socrate non fosse un cretino. Uno che cercava la realtà vera delle cose. E ci è voluto un cammino per trovare risposte, che ancora spronano. Ad ogni tappa scopriamo di non sapere, abbastanza. Mi pare però, che il viaggio valga la pena di continuarlo.

                                                                        Arturo Lanìa

giovedì 27 luglio 2017

Le quattro teste teste

Le quattro teste
Si sa, tutto dipende dalla testa. Anche quando diciamo cuore. Infatti vogliamo solo dire testa che agisce senza logica, e ci pare brutto dirlo così. Ci sono dei detti che ne parlano. Il pesce odora dalla testa. Un cappello per ogni testa. Che bella testa. Per ognuno di essi conosco delle persone che ne dimostrano la verità. I fratelli pescivendoli Enzo e Raffaele di via Pisa. L’eventuale lettore non tema, nessuna pubblicità occulta. Solo mi piace dimostrare che le persone esistono davvero. Dicevo, nella bottega di Enzo e Raffaele si respira un’armonia, ti accorgi che lavorano con piacere e la qualità dell’ittico prodotto ha una sapore aggiunto, quello dell’accoglienza. Lo so, lo so, ho scritto proprio uno slogan. Ad ogni modo, mi sono sempre sentito “a casa”. L’ho detto anche al mio amico Gaetano, in particolare che mi colpisce chiudano presto, anche la Domenica, per pranzare con la famiglia. Mi pare proprio che lavorino per vivere, piuttosto che vivere per lavorare. Cristianamente. Così Gaetano mi  racconta che i due hanno avuto una gioventù movimentata. Per un intreccio di vicende, ebbero una conversione religiosa che si è riversata in un cambiamento di stile di vita. Sono cristiani evangelici. Ci ho pensato anche io a tutti i commercianti cattolici che hanno ben altri comportamenti. Ma credetemi, nella pratica dipende solo dalla testa. E di teste se ne intende il mio amico Antonio Moccia, commerciante di cappelli in via Alfonso D’Aragona. Afforza voglio fare pubblicità! Nossignore. Voglio solo si sappia dove trovarli, esistono davvero. Antonio ha tutte le qualità, quando lo incontri la prima volta, sembra siate amici dall’asilo. Soprattutto è allegro. La vita buona. Certamente. Quella che ha imparato combattendo la malattia, che lo ha portato a conversione. Inutile dire che la messa lo annoiava, sta parte qui è talmente ricorrente che è un cliché. Oggi è un devoto della Madonna. Così gli ho dato una delle immaginette che porto con me, alla maniera di Madre Teresa, della Vergine che Scioglie i Nodi. Antonio ha voluto subito ricambiare. Dal cassetto ha preso un mazzetto di Tau, il tipo di croce dei francescani. Un suo amico caro è un predicatore dei frati, sempre in giro per il mondo, che quando lo passa a trovare glie ne lascia sempre un poco da dare a chi incontra. L’ho indossato e non lo tolgo mai. Se passate da quelle parti, andate a trovarlo per un caffè, se avete il cuore buono, vi sentirete “a casa”. Come d’altronde da Pasquale Penza, il mio amico barbiere, del borgo di S. Antonio. Lo dico subito, pubblicità o no, è bravo. Ma qui ne parlo per un altro motivo. Un giorno mi racconta un suo sogno ricorrente. Nella sostanza una sorta di visione che lo interpellava nel cuore a fare qualcosa di buono per il prossimo. Mo’ da me che volete, conosco pescivendoli monaci, cappellai francescani e barbieri mistici, cose che capitano. Il sogno si è fatto realtà e ha dato vita a – Salvi per un Pelo - un’associazione con cui porta la sua professione nelle case di accoglienza per i bisognosi. Per questi fratelli è una festa. Quest’anno poi, è stato coinvolto dai Salesiani in un progetto di formazione per giovani. Un’esperienza che gli ha dato tanta gioia. Anche da lui ci si può “sentire a casa”. Di commercianti che si occupano di teste ho finito l’elenco, ma di altri che hanno un cuore aperto, che un poco alla volta ne ho scoperto la generosità verso il prossimo potrei scrivere ancora. E se mai qualcuno capitasse dalle parti del mio blog, troverebbe altri racconti di persone che cercano di vivere agendo per il bene. Che hanno Cristo nel cuore. Come dire, sono un testimone che in questo mondo ci sono tante belle teste di cui parlare. 
                                                                        Arturo Lanìa



mercoledì 26 luglio 2017

Lucia

Lucia
Lucia non è sposata. Ha centinaia di figli. La mente va subito a quell'idea di ragazza madre che girava in anni passati. Oggi i giovani son meglio “organizzati”. Però qualcosa non torna. Negli antichi harem, un sultano con cento mogli poteva vantare la media di un risultato a sposa e quindi arrivare, eccezionalmente, a cento figli. Ma un donna sola? E nemmeno ho scritto cento, centinaia addirittura. In natura, ad oggi, è impossibile. Dato che sono uno che scrive sul Sacro Cuore, sulla Chiesa, partendo da questo indizio si può arrivare alla soluzione dell’enigma. Una suora. Di quelle che si occupano di bambini, solita solfa di brave donne votate alle creature altrui. A parte che penso che già se fosse, giù il cappello, se permettete. Lucia invece è laica, proprio laica, laica. Nel carattere, almeno. Nella sostanza. Credente, praticante, impegnata nel movimento orionino, con un tessuto della personalità, nella trama e nell’intreccio, intensamente cristiana. Nella vita, lavora come psicomotricista. Un nome storico nell’ambito della professione a Napoli. Quando l’ho incontrata anni fa, nemmeno sapevo che esistesse questo mondo. Oggi, tutte le mamme che hanno i figli stressati e irrequieti, i figli, catalogati come “iperattivi”, sanno bene di che si tratta. Certo il mondo contemporaneo è strano, manda i bambini in terapia per affrontare lo stress e nemmeno si ferma a chiedersi che accade. Torniamo a Lucia. Quindi una professionista, che si occupa di bambini stressati? Le parole sono sempre importanti, se si sanno usare, ho scritto sopra “storica”. Non ci crederete, ma c’è stata un’epoca in cui i bambini erano allegri e pieni di fiducia. Invece, allora come oggi, esistevano i bambini che il Buon Dio permette nascano con ritardi mentali. I terapisti come Lucia sono quel ponte che esiste tra la malattia e la vita sociale, a cui questi bambini possono accedere. Come posso dire, sono la risposta insieme di Dio e della Scienza, con la maiuscola, che per tutte le vite c’è dignità. Anche questa parola è importante, infatti, mentre i bimbi stressati del mondo contemporaneo, fanno una terapia e se tutto va bene, ne sono fuori, altri invece non guariscono mai . Down, autistici, spastici, un elenco di nomi di malattie, che accompagnano le creature “dalla culla alla bara”. Bando alla tristezza. Se assistete ad una seduta terapeutica, non troverete mai Lucia triste e nemmeno le sue centinaia di “figli”. Al contrario l’atmosfera è il gioco, la gioia, è il volersi bene. Troverete una vitalità che vi investe e posso dirlo, se siete tristi vi sentite in imbarazzo tra tanti bimbi giocosi. Così questa brava signora, mia carissima amica, con tutto questo lavoro sarà sicuramente ricca. Dopo anni, sai quanto. La pensioncina, standard. Così è. Credo sarebbe stato così anche negli Stati Uniti. Ci sono professioni che si fanno con la stessa vocazione che serve a decidersi a farsi monaco o monaca. Che di vocazione si tratta, lo prova anche il luogo delle “sue vacanze abituali”. In Sierra Leone, Africa. Un suo amico, scherzosamente, sulla sua pagina Face Book, le ha scritto, -te ne vai la mare-. Simpatica è simpatica, ma voi conoscete una donna che si tiene qualcosa? Da un uomo poi? -Stagione delle piogge caro-, gli ha subito risposto. Piogge? Allora che ci va a fare in Africa in vacanza? Va al centro Don Orione, lo voglio scrivere, baluardo tra la barbarie dell’abbandono e l’accudimento con amore. I casi di quei bambini sono drammatici. Lei è la dottoressa Precchia, chi vuole può documentarsi sulla sua pagina Face Book. Caso mai può darle anche una mano economica, se interessa aiutarla. Ma non cercate foto strappalacrime, non le troverete. I bambini nelle foto o abbracciano o sono abbracciati, e gli operatori, laici e religiosi, sono illuminati da quella luce dorata che viene dall’idea interiore che la propria vita è spesa bene. Nel deserto dell’arretratezza, un’oasi di amore. Scienza e Fede insieme, per non lasciare nessuno solo. Penso allora che per la mia cara dottoressa Lucia Precchia, mamma Lucia,  posso scrivere, è una mamma buona per centinaia di figli.

Ciao Lucia, buon viaggio. Salutami i tuoi bambini. La Madonna ti accompagni.

                                                                            Arturo Lania


martedì 25 luglio 2017

Andando per conventi

Andando per conventi

Una cosa che mi piace dei conventi, sono i conventi. Hanno un’atmosfera di antico, il profumo del legno e sono abitati da gente allegra. Soprattutto se sono contemplativi. Come i carmelitani. Salto a pie’ pari la nota polemica “tanto non hanno pensieri”, in quanto viene proposta solo da chi la vita fa finta di conoscerla. Se c’è qualcuno che ho sempre trovato impegnato, con il tempo suddiviso in frazioni consapevoli di attività, è proprio chi vive in convento. Ho conosciuto diverse realtà monastiche. Tra i carmelitani ho maturato qualche amicizia. Una è con padre Arturo, vado volentieri a fargli visita, con lui si parla sempre di cose belle. Domenica scorsa, la conversazione è andata avanti e indietro da San Giovanni della Croce a Santa Teresa D’Avila. D'altronde è carmelitano e spagnolo. Mentre io, carmelitano in fieri, sono innamorato della mia Teresa, che tutti chiamano la piccola. Ora, se lei è piccola, figuriamoci cosa è la grande. Arturo ne è uno studioso, ci siamo ripromessi di approfondirla. Nel frattempo, circa la mia francese è bene scriverlo, se qualcuno vuole conoscere Santa Teresa di Lisieux, convinto che “l’infanzia spirituale” del suo carisma sia una passeggiata, si faccia l’idea che scalare una montagna di notte sarebbe notevolmente più semplice. Tornando alla conversazione con Arturo, tra i tanti, vorrei lasciare alla memoria elettronica due pensieri. Uno riguarda Papa Francesco. Mi ha raccontato che la sua catechesi sta riavvicinando alla Chiesa tantissimi che si erano allontanati. E lui ha il polso della situazione soprattutto dal confessionale, dove tanti si avvicinano grazie alle parole del Santo Padre. Attratti in particolare da “una Chiesa povera per i poveri”. Questo ovviamente rallegra il cuore, un rinnovamento che entusiasma. Soprattutto un incitamento che chiama a cercare la Verità nel Vangelo anche quelli che nella Chiesa ci sono da tanti anni, magari un poco ingrigiti dal tempo. Il secondo pensiero l’ho fissato nella mente come un’ispirazione a cui attingere. Mi ha detto così: <<Sono sempre stato molto contento del servizio al confessionale. Vengono tanti legalisti, “ho fatto questo, non ho fatto questo”, ed è normale. Ma non sai quanta gente santa. Persone che cercano Dio e vogliono crescere spiritualmente>>. Dico la verità, trovare sacerdoti contenti a me capita spesso. Trovare sacerdoti contenti delle persone che vanno in chiesa è più raro. Diciamo che mi capita di sentirlo solo nei monasteri. Forse attraggono persone in ricerca. Non so. Racconto solo che il ruolo che svolgono i monasteri è silenzioso, ma vitale.
Proprio mentro ero al convento Papa Francesco all'Angelus ha detto: <<La pazienza significa preferire una Chiesa che è lievito nella pasta, che non teme di sporcarsi le mani lavando i panni dei suoi figli, piuttosto che una Chiesa di “puri”, che pretende di giudicare prima del tempo chi sta nel Regno di Dio e chi no>>. Il giorno dopo Marco Burini, ha fatto una riflessione che propongo sempre anche io. Papa Francesco mi guida e ho fiducia in lui, ma non per questo credo che la Chiesa dei puri sia quella che sta dalla sua parte. Nemmeno credo che la parte che gli è ostile, credendosi pura, lo sia. Ma non è nemmeno il nemico. Come ho scritto un’altra volta, in questo mi è di aiuto Quo Vadis di Henryk Sienkiewicz, che racconta che alla fine i  primi cristiani, di ogni personalità salirono tutti sulla croce. Vero che spesso i presunti puri hanno l’attitudine ad espellere, ed io ne so qualcosa. In nome di un malcelato borghesismo, selezionano, se non addirittura “cacciano”.  Ne sono testimone con la mia pelle. Non avendo funzionato il mobbing, sono stati costretti all’esplicito. A maggior ragione posso sostenere credibilmente il principio che non ci sono buoni e cattivi definiti. Nemmeno quando si agisce male. Solo quando verrà il tempo, l’unico giudice renderà luce alla Verità. In questo tempo, come dice il Papa, preferisco crescere in pazienza. Sperando che padre Arturo valuti anche me tra quelli che cercano Dio.

                                                        Arturo Lanìa 

domenica 23 luglio 2017


Le brutte facce di Annalisa

Annalisa è una mia amica, professoressa di matematica. Ora, con queste caratteristiche, mia amica, professoressa e di matematica,  direte voi, deve avere per forza una brutta faccia. I soliti pregiudizi. In primis, ha un bel viso, poi è dolce, voluta bene da tutti, una bella persona. Se è amica mia, dato che si dice “dimmi con chi te la fai …”, allora varrà pure pe’ me, no? A volte la mattina, prima del lavoro, prendiamo un caffettino insieme. Il tempo è contato, giusto le quattro chiacchiere canoniche. Sulle cose nostre, fan due, sui fatti del mondo, fa tre, la quarta,  sulle cose di Nostro Signore. E sì, cari, le professoresse di matematica credono in Dio. Non solo loro. Personalmente conosco chimici, biologi, fisici, medici e medici chirurghi, che credono nel Padre Eterno. Mica sono una piccola minoranza occasionale. Ad ogni modo, venerdì passato abbiamo avuto questa conversazione. Le cose nostre, <<Quando finisci di lavorare? - Dove vai in vacanza?>>. Argomento scontato, dato il periodo. Le cose del mondo. I genitori di oggi. Terribili, ma da chi avranno preso? I genitori, non i figli. Sempre irosi, pronti a litigare con tutti, in nome dei figli. Con delle facce degne dei volti dipinti delle tribù guerriere di tanti documentari. La storia delle facce ha avuto l'effetto della maddeleine di Proust. Un passo nella memoria verso un ricordo da giovane insegnante. Anche attualmente è giovane, ma tutti almeno una volta,  siamo stati più giovani di adesso. Allora aveva l’incarico in non so quale paesino, che raggiungeva tutte le mattine con l’auto. Piuttosto imbronciata. La levataccia mattutina, il viaggio, gli impegni. La solita miscela  che assieme al caffè, beviamo tutte le mattine, da quando abbandoniamo quell’unico periodo della vita che degnamente merita di essere chiamato giovinezza, quello spensierato. Un giorno, in un punto in cui il traffico, di prima mattina, rallentò la marcia, vide la sua faccia cento volte. No, non ebbe una visione, nemmeno un’allucinazione, semplicemente fece attenzione alle facce dei conducenti nell'opposta corsia. Si rese conto che erano tutti, come lei in quel momento, adirati col mondo. Certe brutte facce scure. Una tale condizione, già di buon mattino, non lascia presagire una giornata migliore. Annalisa però, come me, è credente. Pensò bene che non si può credere in Dio e partire così,  verso il resto del mondo. Nemmeno se si hanno da fare tanti chilometri nel traffico al mattino presto. Così prese la risoluzione di predisporsi a benedire il Signore in ogni circostanza e se possibile anche a sorridere a chi avrebbe incontrato. Una risoluzione che mantiene ancora oggi, dopo anni di servizio. Lo so, lo so, i saputi hanno già pensato che se avesse fatto yoga o un bel corso motivazionale avrebbe potuto arrivare allo stesso stile di vita. Ora, dato che la lingua e la tastiera le uso per dire quello che penso, finora, quei cinque o sei che ho incontrato della pratica yoga, tutto sto’ spirito di sorridere non lo avevano. Certo, mica tutti i cristiani hanno questo atteggiamento. Però Gaetano si. Chi è mo’ stù Gaetano, che gli fischieranno pure le orecchie? Un mio amico, credente pure lui. Ha il passo svelto, la gente che lo incontra, sempre sorridente, dice: <<Gaetà’, beato te. Sempre in forma, senza problemi>>. I fatti suoi certo mica li scrivo qua, ma elencate i problemi umani, li ha, tutti. E sorride sempre? Anche il passo svelto, ha mal di schiena e se rallenta rischia di bloccarsi, così si da forza. Come è che sorride sempre? Gaetano tiene una fede che non si sposta di un millimetro. Come gli africani. E ne so qualcosa, ho un amico della Costa D’Avorio, si chiama Stefano. Per la sua storia lasciamo da parte la parola problemi. Dramma, è un termine più aderente. Mai mi è capitato di vedere sul suo volto qualcosa in meno di un sorriso e dalla sua bocca mai ho sentito una parola meno che saggia. Per lui Dio non sbaglia mai. Mai. Padre Rosario, lo devo proprio nominare. Da tempo vorrei scrivere due parole su di lui. Sorride in modalità permanente, con l’aggiunta di quell’allegria napoletana che lo porta a dire sempre una battuta adeguata alla circostanza. Quando incontrai questo simpatico prete, anche lui una volta è stato più giovane di adesso, mi disse di essere del Vomero. Nella mia testa, perciò vi capisco a voi giudici pregiudizievoli, subito feci il mio ragionamento. Vomero, quartiere bene di Napoli, ma che avrà mai avuto a che pensare? Perciò sta sempre allegro! Poi viene il momento che il Signore mette la lingua dello stolto nella polvere. Con me poi non ha mai fatto sconti. La storia di don Rosario di colpi ne è piena. Tanti colpi dolorosi che hanno scolpito nel suo cuore un amore immodificabile per Nostro Signore Gesù. Tiriamo le somme, tante brutte facce per i problemi, tante belle facce per amore. Lo so anche io che c’è gente che può restare impassibile ai dolori della vita. Ma innamorati di Dio è un altro livello dello spirito. Il mio elenco in realtà è più lungo, per tanto posso rilevare una caratteristica comune a tutti loro. Questa allegria si accompagna sempre all’umiltà. Fateci caso, quelli che nelle chiese e chiesette che hanno la faccia tirata, se la pensano pure. L’umiltà è una grande protezione per il cuore. Siate come me, miti e umili di cuore. Così ha lasciato detto Nostro Signore. Penso proprio che contemplare questo “suo Sacro Cuore” che batte come il nostro, anzi, batte per il nostro cuore, in accordo con il nostro battito, aiuti a trovare la via della spiritualità dell’umiltà. Per sorridere, come i miei amici che sanno che Dio è Amore. E se non credete al mio racconto, fate caso da voi. Alla vostra brutta faccia, eventualmente e a quella di chi vi sorride indipendentemente dalle circostanze. Abbiate il coraggio di chiedere, ma tu che sorridi, credi davvero che Dio ti ama? Penso che più o meno risponderà così: <<Il suo cuore batte per me. Non senti? Questo è il suo battito>>.
                                                                                Arturo Lanìa