domenica 26 febbraio 2017

Poi dici che uno si butta su mammona
Un grande comico del secolo scorso, Antonio De Curtis, in arte Totò,  monarchico convinto, divertiva il suo pubblico con battute tipo: <<Poi dici che uno si butta a sinistra>>. Facendo ridere, diceva che quando è troppo è troppo, comunque, anche se uno ci crede. Certo sulla questione della fede voglio andare a parare. Quella dovuta a Gesù e ai suoi insegnamenti. Diciamolo, tutto sommato la vita in una parrocchia, col catechismo, i canti e qualche volta un poco di teatro, tutto sommato è piacevole, si passa volentieri il tempo. La fede, la dai di cuore. I problemi sorgono quando ti vogliono proporre gli insegnamenti di Gesù come modo di vivere. All'inizio, fare del bene, amore al prossimo, buon samaritano, vanno giù abbastanza facilmente. Ci vuole sempre un poco di impegno e pure un poco di soldi. Mettiti a disposizione per fare i pacchi della Caritas, fai visita a qualche ammalato, fai l’elemosina, un po’ ti costa. Ma alla fine i vantaggi ci sono, uno si sente bene. Proprio per questo dico io, da dove viene la necessità di forzare la mano? Dall'amore al prossimo si passa all'amore al nemico. Vorrei dire, ne-mi-co. Una cosa che non si capisce proprio da dove la si va a pescare. Ad ogni buon conto, si va in chiesa proprio per la qualità di essere gente per bene, quindi sta storia dei nemici è un’esagerazione senza grosse conseguenze. Qualche persona antipatica, qualche vicino intollerabile, un coniuge un poco pesante. Ma basta non dare a nessuno troppo spago, le cose vanno. In effetti la confessione serve a questo, ti sfoghi di tutti i peccati che gli altri commettono nei tuoi confronti e stai a posto. Appena ti sei assestato, si ricomincia, con quello che tutti oramai chiamano “il Discorso della Montagna”. Che poi sta montagna la vorrei proprio vedere. Come si fa a sentire uno che ti parla dall'alto? E poi per dirti, beati afflitti e poveri? Sfido io che dopo sono andati tutti via. Ma come dico io, uno fa tanto per cercare di stare un poco bene, e tutte le durezze della vita diventano un modello dell’esistenza?   Passi tutto, ma la questione dei soldi no! Vorrei vedere quando arrivano le bollette, o qualche malattia. Ed anche le cose belle. Arriva l’estate, tutti in vacanza, e uno senza una lira a casa a leggere? Magari proprio “il Discorso della Montagna”? Poi dice che uno si butta su mammona. Oggi la traduzione aggiornata ha sostituto – mammona - con – ricchezza -. <<Non potete servire Dio e la ricchezza. Amerete uno e odierete l’altro>>. Mai mi sono piaciute le cose troppo nette. Cosa fa Gesù? Anzi, cosa dice? Uno lo amerete e l’altro lo odierete. Dire è molto peggio che fare, molto di più. Uno fa una cosa, resta affar suo. Se invece la dice, magari da una montagna, poi diventa affare di chiunque lo ascolti. Ti attraversa la mente, passa all’anima e finisce con l’interpellarti in prima persona. Chi voglio amare? Il pasticcio ormai è fatto. Appena ti fai una domanda, vengono subito le altre. A me il denaro piace. Ne ho poco, ma quel poco piace.  Cosa voleva dire Gesù? Eccola la domanda pericolosa. Se non ti importa molto di qualcuno non cerchi di capirlo quando ti parla. Ma se ci tieni. Certo mica mi domando cosa vuol dirmi il denaro? Quindi il mio cuore parteggia per una direzione. E il cuore prima o poi prende il comando. Assecondiamolo, cerchiamo di capire. Certo si potrebbe pensare che comprendere sia sinonimo di manipolare. L’esperienza mi insegna che per fare una tisana con l’acqua calda, ho imparato che l’effetto con l’acqua che bolle è diverso dall’acqua bollente. Che l’infusione può essere di due minuti, di tre o di sette, per ottenere esiti distinti. Per non dire in cucina, mettere qualcosa nell’olio caldo può voler dire appassirlo, soffriggerlo, friggerlo. Se per azioni apparentemente semplici e ovvie, i termini chiariscono le azioni e il risultato, posso a ragion veduta chiedermi cosa significa quello che chiede Gesù? Ormai l’ho imparato che la Bibbia è un libro con tanti libri, che vanno considerati tutti. Le belle frasi sono per i cioccolatini. Gesù parla pensando ad una storia. Quella che inizia con Lui il Padre e lo Spirito Santo che fanno l’uomo e la donna, nudi. Così era all’inizio. Una nudità divergente da quelle delle bestie, che vestirle è inutile . Una nudità fatta della povertà di chi possiede tutto. La Trinità pensa a tutto, ad ogni bene e ad ogni male. Con Gesù si va sempre a finire in questo modo. Il tono diventa serio. Si finisce sempre col ragionare confrontando da un lato l’amore di Dio e dall’altro noi esseri umani che per voler far nostro il bene e il male, ci troviamo in questo viaggio che si chiama vita. Molti vorrebbero fare a meno di Dio per farlo, il viaggio intendo. Ed anche per avere lo spazio per farsi dio. Si sa, quello è un posto unico e finché resta occupato si resta sotto. Poi ci sono quelli come me, appena cominci a dire che Dio ti ha fatto per amore, sentono il desiderio di capire di più questa relazione, questa promessa.  Nella Bibbia questo c’è, il racconto di questa relazione, di questa promessa. Non per niente la chiamano niente meno “la Parola di Dio”. Non è che la scritta Lui o la ha dettata a qualcuno. Si tratta di tutte le storie di certi tipi che hanno avuto a che fare con Lui in modo diretto, quindi lo conoscono abbastanza. Quei personaggi, come Abramo, che pure ha molti beni, si mette in viaggio per inseguire l’eco della voce che gli parla dentro. Giacobbe che a quella voce affida il suo destino e lotta con essa fino in fondo. Re Davide, che partito da pastorello diventa re leggendario, ma a quella voce resta sempre obbediente, sopportando ogni cosa, nemici, povertà e tradimenti, anche quello del figlio. Questi personaggi qui fanno impressione. Di imitarli difficile venga in mente, però impressionano. Un ragionamento te lo fanno pur sempre fare. Da che dipende la vita che ho? L’ho detto che le domande vengono una dietro l’altra. Potrei pensare, dalle mie sole forze. Ma l’esperienza svela tutte le situazioni della vita che smentiscono clamorosamente questa pretesa. Quante volte ho nominato l’esperienza. Conta moltissimo per un buon rapporto con Dio. Tutti quei personaggi di cui sopra hanno imparato un poco alla volta l’amicizia con Dio. Inciampando molte volte, e imparando dagli errori. Questo modo di fare si chiama appunto esperienza. Allora se la mia vita dipende da Dio, come mi insegna l’esperienza, cosa dovrebbe spingermi ad amare il denaro? Provo piacere a comprare qualcosa che desidero, che poi sono piccole cose. Anche questi piaceri condiscono la vita. Ed infatti il buon Dio me li concede. Ma quello che da valore ad esistere è fatto di relazioni, di amicizia, di fede di amore. Roba che il denaro non la compra. Avere una retta coscienza, la capacità del discernimento, nessuna passione che spinge a sopraffare l’altro, queste condizioni sono necessarie da realizzare per sperimentare una vita di senso compiuto. Nemmeno queste compra il denaro. Quando una Sua parola ti arriva, puoi giocarci a lungo, ma prima o poi prende forma una coscienza delle cose. Si va a lavorare per avere il denaro per vivere. <<L’operaio ha diritto al suo salario>>. Lo scrive San Paolo e la Chiesa lo proclama come parola di Dio. Anzi nel Catechismo dice chiaro e tondo che chi non riconosce il salario a chi lavora commette un peccato contro Dio. Ancora San Paolo scrive chiaro chiaro, <<Chi non vuol lavorare neppure mangi>>.  Questa storia del denaro si capisce un poco meglio. Amare il soldo è il caso di evitarlo. Le conseguenze sono disastrose. Amare la povertà, lo lascio fare a San Francesco o a Madre Teresa, che a questo furono chiamati per entrare nel novero di quei personaggi che aiutano Dio a interpellare il cuore dell’uomo. Gli altri imparino a rispondere alla propria vocazione. Anche questo è scritto nella bibbia. Nella vita possiamo percorrere molte strada, e posso scriverlo, tutte sbagliate. La via giusta è sempre una sola. Quando la imbocchi, la percorri tutta. La storia personale è su quella strada che prende forma.  Nei fatti tuoi allora cominci a confrontarti con quanto Gesù insegna. Continuamente prendendo senso da quello che si vive. Parola ed esperienza. Nel compiersi di una vocazione stanno insieme. Visto che il tono è diventato serioso, confesso qualche pianto fatto in passato. <<Signore, Signore, mostrami la strada, che devo fare>>. Come piangevo. Speravo si commuovesse ed esaudisse la lista dei miei desideri. Al contrario sono venuti dolore e sofferenza. Proprio li dentro, in quelle situazioni, di cose ne ho imparate. E ho cominciato a rispondere, a distinguere, a capire. Davanti a Gesù puoi restare semplice, mai stupido. Mammona o ricchezza, potere o superbia. Comunque lo si chiami è il desiderio di governare il destino con le proprie passioni. Al contrario Gesù chiede di affidarglielo, mettendo in pratica, secondo la propria vocazione, quello che qualcuno ha scritto per Lui. Anzi, per noi. Per darci l’opportunità di conoscerlo in noi. Ecco che è davvero bello fare  i pacchi in parrocchia per i poveri, visitare gli ammalati, fare l’elemosina e pregare. Si sta costruendo un destino con Gesù vivo. Parola, preghiera esperienza. Uno lo dice che il denaro piace, ma l’amore è meglio darlo a Gesù.

                                                                                                          Arturo Lanìa

sabato 18 febbraio 2017

Nella Chiesa si perde solo tempo

Può succedere nella vita di una persona che attraversi un periodo di crisi, di quelle che oggi si chiamano esistenziali. Magari, nello stesso tempo, la stessa persona, si trova ad ascoltare una qualche forma di predicazione. Può darsi sia finita per caso, sia stata invitata o anche di propria iniziativa abbia deciso di andare in Chiesa a risolvere i suoi problemi. Persone che nella vita prendono decisioni ci sono. Poche, ma qui e lì si incontrano. Ad ogni modo la persona arriva e pensa di fermarsi. D’altronde dove stava prima in crisi c’è andata, tanto vale almeno provarci. Diciamolo, dimostrare che Dio esiste ha la sua dose di difficoltà, però provare che non esiste, difficile lo è anche di più. Cominciano le domande scolastiche, come è nato l’uomo, la natura, l’universo? Poi seguono le speculazioni filosofiche, cosa regge le complesse leggi universali? Ti arrivano in faccia le parole difficili, escatologia, ontologia, e poi le domande esistenziali da dove vengo, dove vado  e chiaramente la più difficile di tutte, chi sono? Allora se in crisi ci eri appena entrato, finisce che la strada te le devi fare tutta. Pesando alle complicanze, credere è più facile. Arrivano anche un poco di frasi belle. Dopo “peccatore convertiti”, c’è quella bellissima che dice “Dio ti ama. Così come sei”. Si sa, dove c’è gusto non c’è perdenza. Accettata la predicazione, la crisi rip o rap, in un modo o nell’altro, passa. Hai un luogo dove andare, degli incontri fissi a cui partecipare. La Domenica mattina hai un appuntamento certo con la messa. Un po’ di persone nuove le conosci, ogni tanto si va fare anche una gita, o secondo il nuovo gergo, un pellegrinaggio. Tutto sommato la vita della persona ci guadagna. Si fa amicizia anche col parroco, nel senso che lui ti chiama per nome, che è già una cosa niente male. Insomma la vita della persona in crisi migliora abbastanza. Forse non tanto tanto, abbastanza. A quel punto visto che uno si trova nell’ambiente e direttamente o indirettamente si parla di Lui, un pensierino per cercare di conoscerlo viene in mente. Dato che il libro dove si parla di Lui c’è, si può anche sfogliarlo. Magari che quel cambiamento “abbastanza”, possa diventare un “totale”. Qualche formula speciale potrebbe esserci, a cercarla bene chi può dire che non salti fuori? Ah, le persone, per uscire dalle loro difficoltà a volte si imbarcano su certe barchette che nemmeno sanno dove stanno andando.  Sfoglia, sfoglia e in quel libro ci trovi gente abbastanza “sfortunata”, piena di difficoltà, di problemi, prima ancora che esistenziali, addirittura di sopravvivenza. A leggere certe storie ti sorprende anche la dose di fedeltà a se stessi. Come quella Rut. Una tipa che poteva andarsene per la sua strada e invece sceglie, pure lei è un tipo di persona che fa scelte, di restare con la suocera, vedova e con tutti i figli defunti. Per sostenerla nella povertà ne vive di problemi. Poi alla fine va tutto bene si sposa Booz, che nome, e la sua discendenza è gente seria. Però, oggi Rut non avrebbe avuto altrettanta fortuna. Le immigrate spesso finiscono per strada. Un destino terribile. Forse questo libro di fronte ai veri problemi di oggi una risposta non la saprebbe dare? Per esempio, visto che si è accennato, cosa direbbe alle prostitute? La storia di Rut, o di quel poveraccio di Giobbe? Certo da qualche parte trovi scritto, “le prostitute vi passeranno davanti”. Una minaccia non da poco. Da qualche altra parte c’è persino un raccontino niente male. L’adultera che andrebbe lapidata per la sua colpa, la legge è legge e come si sa non ammette ignoranza. Invece gli uomini già pronti a compiere la giusta sentenza se ne vanno con la coda tra le gambe, e il giudice dell’Universo la libera con amore paterno. Per non dire di quella Maria di Magdala che resta fedele fino alla fine, diventando apostola degli apostoli. Stessa stoffa di quella Rut. Tutto sommato il libro è scritto bene. Ci sono diversi esiti inattesi nelle sue storie. Vale la pena leggerlo. Poi tutte quelle esortazioni a occuparti del prossimo, a perdonare, a dare una mano ai poveri affinché la loro vita sia meno dura. Non puoi fare tutto, va detto chiaro. Porgere l’altra guancia, perdonare le offese, pregare per i nemici, liberarsi dei beni, fidarsi della Provvidenza.  Qualche cosa di pretenzioso la trovi scritta. Però se uno si sa moderare, qualcosa si può fare. Certo c’è anche il rischio che un poco ti prende la mano. Magari dedichi del tempo al volontariato. O ti succede che cominci a perdonare, ad essere gentile con chi proprio non ne varrebbe la pena. Quel libro a leggerlo fa strani effetti. Poi alla messa domenicale lo leggono, lo commentano e ti danno anche l’Eucaristia. Che è pure peggio del libro. Infatti pare che sia proprio Gesù vero, vivo. Ai giorni nostri si è ripresa anche l’antica usanza dell’Adorazione Eucaristica. Così vai, ti metti davanti a questo pezzo di pane e con la mente piena delle storie del libro cominci a parlargli. Lo puoi fare proprio per il libro, che ti ha insegnato come pensa quello che stai adorando. Sai che parla volentieri con gli umili, che gradisce le persone che scelgono, che restano fedeli. Sai che non ama molto i miracoli, a dire il vero nel libro tutto sommato sono pochi. Non sempre, ma spesso sono fatti malvolentieri. Ama molto prendersi cura della storia, ma solo se uno lo lascia fare. Ed ama il “Si Signore, avvenga come tu hai detto”. Letto libro, fatto un poco di pratica, quelle parole smettono di essere segni sulla carta e diventano esperienza. Per quella metterti a parlare col pane messo li da adorare non ti fa più tanto strano. Anzi la presenza la vivi e la sperimenti. Soprattutto quando quella persona che lo prega non dice sciocchezze, ma vede la vita con gli occhi di quei tipi del libro. Dopo tutte queste cose, certo al vita cambia. Dipende un poco dalla risposta che scegli di dare. Qualcuno cambia il trenta, un altro il sessanta e un altro ancora addirittura cambia tutta la vita. Per sempre. Certo ci vuole tempo. Niente accade all’improvviso. Mai nessuno ci rimette. L’unica cosa che si perde è il tempo. Tutti lo sanno, per fare le cose bene, il tempo lo devi perdere.

                                                                                                                                   Arturo Lania

martedì 14 febbraio 2017

Si sa le cattive compagnie meglio non frequentarle, oppure si, per conoscere un poco la vita. Certo che per sapere cosa fare è sempre un rompicapo. Quale è la cosa giusta? Il dolce è in fondo. Un proverbio dice così. Un altro, dal latino, nella coda il veleno. Se si prendono i proverbi, saggezza popolare e antica, di istruzioni per vivere, così contraddittorie, se ne trovano molte. Certo, uno si può dedicare a cercare la saggezza in testi più robusti, tipo le favole. Quella di Pinocchio, che pare sia nota in tutto il mondo, forse grazie a Walt Disney, che di cose ne cambia fin troppe. Ora ad occuparsi di Pinocchio c’è quel caro professore che è Franco Nembrini, che a girare il mondo a commentare La Divina Commedia di Dante e Le Avventure di Pinocchio di Carlo Collodi ne ha fatto una ragione di vita. Beato lui. A dire il vero su Dante e su Pinocchio dice molte cose che in passato ho cercato anche io di dire, ma mi guardavano come un tipo rustico o al limite esotico. Così non so se considerare le belle lezioni di Nembrini come conferma di intelligenza per le cose che ho pensato,  o di stupidità per averle condivise con chi non le sapeva capire. Infatti, come dicevo all’inizio, il punto sono le compagnie. Nella puntata ottava del suo programma il buon Nembrini commenta la velenosa compagnia di Lucignolo, un vero demonio, già nel nome. Seduce quella birba di Pinocchio, che proprio non c’è la fa a restare fermo nei buoni propositi. Soprattutto quando li deve deporre per inseguire un mondo migliore e una allegra vita comunitaria. Saremo più di cento a partire stanotte per il paese dei Balocchi. Così dice a Pinocchio, prospettandogli quel bel paese dove si può stare in allegria per sempre. Tutti i bisogni soddisfatti e in buona compagnia per la felicità terrena ormai raggiunta. Per quelli che non la ricordano, la bella vita durerà cinque mesi, fino a che l’aspetto vizioso di questa esistenza si manifesterà trasformando tutti i festosi fanciulli in somari veri e propri. In quanto animali, saranno trattati senza nemmeno quel minimo di compassione che si deve agli uomini. Lucignolo morirà e il nostro Pinocchio si salverà in extremis, grazie alla Fata Turchina. E qui le cose si complicano. Infatti questa parte mette in mostra che il monello di legno troverà aiuto per la fiducia che la buona Fata ripone nel suo cuore, su cui scommette per farne un adulto saggio e consapevole. E Lucignolo? Come è che quest’altro ragazzaccio non trova nessuno ad aiutarlo? Giacché se lui è la “cattiva compagnia” del burattino, Pinocchio è “la cattiva compagnia” di Lucignolo. E Nembrini mi mette in confusione quando sottolinea l’agire della Fata, illuminando ogni buon educatore, dai genitori ai maestri fino ai sacerdoti, ad accettare la scommessa educativa, che ogni cuore può cambiare e maturare nel bene. Proprio Domenica ho sentito dire da Farhad Bitani ospite di Monica Mondo a Soul,  che tutti nasciamo con un cuore bianco, le compagnie lo rendono nero. Ma resta un punto bianco che può ancora espandersi. La questione Lucignolo resta aperta. Sulla croce Gesù è condannato con due malfattori, sicuramente due assassini. Anche qui uno va in Paradiso. Ma si capisce dal comportamento, si vede la fede. Lucignolo invece già a scuola si trova con un “prof.” che lo programma, non farai mai nulla di buono, meglio stare lontani da te. La storia non ci parla dei suoi genitori, completamente assenti, nemmeno ci sono fate turchine che appaiono per aiutarlo, abbandonato a se stesso, resta in balia dei suoi demoni fino in fondo, che in fondo se lo portano. Separato da una compagnia così corrosiva e superando la prova della morte profonda, esistenziale, il burattino imparerà ad essere uomo. E una parte di quella formazione la deve proprio a quel diavolaccio finito così male. Ora tirare fuori da questa esperienza un’unica regola di vita mi sembra impresa ardua. Soprattutto per le conferme della vita vissuta, che mostrano le molte facce di ogni morale. Si può dire che le cattive compagnie servono, per conoscere l’altra faccia del bene. E bisogna liberarsene, per vivere in modo vero l’esistenza, una vita di senso. Ma quello che mi sembra si possa dire per certo, che avere buoni educatori nella vita è davvero necessario. Siamo capaci di fare un errore dietro l’altro, ma se qualcuno ci segue, il modo per impastare l’esperienza per farne una storia alla fine lo si trova sempre. Per capirci, quel birbone sulla croce è l’unico andato in Paradiso certificato da Gesù.  


 

domenica 12 febbraio 2017

Mario o Maria?

Quale differenza tra Mario e Maria? Si sa, questa è un’epoca per cui “o” e “a” “pari son”. Eppure, già a pronunciarli da soli, la differenza si vede tutta, come si dice, “un abisso”. Nella scrittura si aggiunge la “h”, che come si sa non produce onde sonore, così a dire – Ah -, dopo il racconto di un fatto, si vuol far capire che in effetti  desta una modesta sorpresa,  c’era da aspettarselo. A dire – Oh –, al contrario, si esprime meraviglia. Persino una nota pubblicità lo usa come slogan dello stupore per il prodotto promosso. Se le mettiamo alla fine di un nome le due vocali fanno altrettanta differenza? Ad esempio chi viene in mente con Mario e Maria? Il primo è il nome che si può dare a  quel tipo di personaggi, che nella vita pratica di tutti i giorni, aiutano a risolvere i problemi. Quelli seri, intendo. Totò diceva “la salute prima di tutto”. Mario è proprio quello che vi aiuta a saltare la lista di attesa per una visita medica, o a trovare il posto in ospedale, o a parlare col medico affinché faccia una tariffa che uno si può permettere. Poi Mario li conosce tutti, a scendere, dal medico, all'infermiere, a quello delle pulizie.  Sa sempre con chi parlare. Dopo la salute, il problema dei problemi è il lavoro. L’amico Mario in questo caso è un santo patrono. Sa tutto, il concorso di cui nessuno è a conoscenza, qualche volta sa del concorso persino prima del ministro. Sa che titoli vanno presi per fare il punteggio giusto, dove andare a fare quel corso che ti permette la formazione, che ti permette il punteggio, che ti permette di salire in graduatoria. Come sopra, conosce tutti, a salire, uscieri, impiegati, funzionari, membri di commissione. Per aiutarti parla con tutti, così prima o poi il lavoro te lo trova. Anche quando non ci credi tanto e vuoi fare di tuo, Mario si dimostra saggio e paterno,  ti lascia fare. Garantendoti che se l’esperienza ti dimostra che da solo proprio non puoi, lui una mano te la darà sempre. Una volta Mario era utilissimo anche per il servizio di leva. Conosceva proprio tutti, dal furiere al generale, anche se quest’ultimo contava poco. Oggi Mario serve ancora, ma per farlo di carriera, il militare, anziché evitarlo. I tempi cambiano. Eppure Mario resta sempre un caposaldo per i problemi della vita quotidiana. Giusto, esprimergli riconoscenza.  Chi non ha un Mario ad aiutarlo, a chi può chiedere? Capito cosa può fare Mario, ora resta da capire cosa può fare Maria?
Dal lontano millenovecentonovantasei  ho cominciato ad imparare ad essere mariano. Scorso secolo, scorso millennio, le torri di New York erano in piedi e nessuno pensava potesse accadere che le abbattessero. Davvero un’altra epoca. Per mariano intendo devoto alla Madre di Gesù, la Santa Vergine. Si, proprio la Donna che si prega contando sui grani del Rosario le Ave Marie a lei dedicate. La Donna Celeste, che a Guadalupe apparve a  Juan Diego Cuauhtlatoatzin, a Lourdes a Bernadette, a Fatima a Lucia e ai due cuginetti Francisco e Giacinta, per dire i casi più noti.  Medjugorie non è in elenco, attendiamo il responso. Posso aggiungere Pompei, dove non è mai apparsa, eppure si va a venerarla con lunghi pellegrinaggi a piedi. In questo santuario, come in altri, si trovano una quantità di testimonianze di grazie ricevute, espresse con gli ex voto. Ci si rivolge a Lei per la salute, malattie gravi, incidenti mortali, richieste di gravidanze, aiuto per le malformazioni dei nati. E per il resto, il lavoro, il superamento di un esame, il conseguimento di una laurea, magari proprio da medico per aiutare nei casi da lei patrocinati, chissà? Per un matrimonio. Per necessità spirituali, la conversione di una persona cara, da un vizio, da cattive compagnie, dall'ateismo.  Ci saranno anche quelli che non sono stati ascoltati, non dico di no, lascio aperta questa ipotesi. Certo sono noti, quelli che sono stati aiutati. I nomi sono lì, i casi sono rappresentati. La tesi di laurea esposta, la prima busta paga portata in beneficenza, il matrimonio affidato a Lei  è vissuto con pellegrinaggio annuale di ringraziamento. Il figlio nato, il bambino con handicap accettato, accudito, amato, ormai diventato adulto, anche lui in pellegrinaggio per ringraziare della vita avuta in dono. Infatti si ringrazia per  le malattie guarite e per quelle accettate.   Tutto documentato, tutto esperibile.  Certo per molti ci sono volute attese, lunghe preghiere, offerte di voto devozionale. Per altri è bastato mettersi in ginocchio, con umiltà e fiducia, con lo slancio del cuore in abbandono filiale, per vedere la Mamma Celeste adoperarsi per la petizione presentatele. Penso che c’è sempre qualche privilegiato, ma il turno arriva per tutti. Dall'elenco si vede già che la differenza tra Mario e Maria, il campo in cui agisce Lei è sicuramente più ampio. Eppure Mario, agisce nell'essenziale. Così a portata di mano, tutto sommato così raggiungibile, senza particolari pretese. La questione forse può dare un responso definitivo allungando lo sguardo al dopo. Gli amici di Mario sanno bene cosa è la riconoscenza, però si ritrovano a trattare con tanti altri amici di lui. Sul lavoro se gli capita un incarico gravoso diventano subito calcolatori. Pesano chi è più amico di “lui”, da quanto lavori poco. Il lavoro che tanto hanno “faticato” per ottenerlo, diventa un campo di misura dei privilegi a seconda di quanto meno si riesca a fare e più ad ottenere. Se ti ha aiutato per la salute e la cura non funziona,  può capitare, si pensa sia che il medico non  fosse abbastanza amico. E se funziona, pensare che hai scavalcato qualcun altro per quel posto in ospedale ti pesa troppo, per non schifarti del fatto che è tutto uno schifo. E così via. Insomma, Mario lo ringrazi, ma qualcosa ti entra in circolo nel sangue, qualcosa di tossico. Che si riversa nel modo con cui stai in relazione con gli altri e con la vita.
Quando la tua amica è Maria, la Santa Vergine volge lo sguardo solo su gli umili. E questi lo sanno che il mondo è ingiusto, un inutile istinto spinge gli uomini ad opprimersi. Ma anche le circostanze della vita, che il Signore ci ha dato, portano lo stesso peso di ingiustizia. Un padre di famiglia che perde il lavoro, un bimbo a lungo atteso che nasce malformato, una malattia che colpisce improvvisa. Eppure quelli che si rivolgono a Lei accettano la vita nella verità. Lei insegna a vivere. Educa che ogni esistenza ha significato, il Signore della vita l’ha voluta. Che ogni circostanza è transitoria, porta ad esiti successivi che formano il cuore e la natura dell’uomo. E quando ti esaudisce, per quella volontà di Dio che aveva già pronto per la maturazione dell’anima un cambiamento di circostanze,  la gratitudine è per sempre. E per tutti. Quando sei stato amato, non amare è solo un intralcio. 

Nelle conseguenze, si comprende pienamente la differenza tra Mario e Maria. Certo a lui un grazie va sempre rivolto, a modo suo si presta ad essere utile, ma proprio non può aiutarti ad esser uomo completo. Lei è Madre, sa come si alleva un Figlio, che in questo mondo ingiusto, vuole mettere a disposizione la vita per renderlo migliore. Quando “nell'altra epoca” ho iniziato a diventare Mariano è stato per circostanze dolorose, la morte di una persona cara. Fu la prima volta che presi in mano un Rosario, goffamente. Nemmeno sapevo come usarlo. Anche le cose semplici si apprendono solo se qualcuno te le insegna. Ormai sono passati anni. E tanti fatti. Ancora oggi mi rivolgo a Lei. Mi viene in mente una poesia di Jan Twardowski. Per quale via si arriva a Te/ … /da passaggi di emergenza per ogni evenienza/ con una chiave di riserva avuta dalla Madonna/ in persona.  Oppure un altro verso. Non potendo vederTi Ti scrivo una lettera/ a volte tuttavia mi sembra di sentirti/  da dove se no quel sussurro improvviso/ quando mi addormento. E questa come conseguenza chiude davvero il confronto. Solo per Lei si possono scrivere poesie. 

mercoledì 8 febbraio 2017



    
Mercoledì della V settimana delle ferie del Tempo Ordinario
Meditazione del giorno
Isacco di Siria (VII secolo), monaco nella regione di Mossul
Discorsi ascetici, prima parte, n° 21
« Crea in me, o Dio, un cuore puro » (Sal 50,12)
      È stato detto che solo l'aiuto di Dio salva. Chi sa di non avere più nessun soccorso, prega molto. E quanto più prega, tanto più il suo cuore diventa umile. Infatti uno non può pregare e chiedere, se non è umile. « Un cuore affranto e umiliato, Dio, tu non disprezzi » (Sal 51,19). Infatti, finché il cuore non si sarà fatto umile, non riuscirà a  non perdersi; invece l'umiltà lo farà concentrare.

      Quando l'uomo si è fatto umile, subito viene circondato dalla compassione e il suo cuore allora sente il soccorso divino. Scopre una forza che sale dentro di lui, la forza cioè della fiducia. Quando l'uomo sente così l'aiuto di Dio, quando sente che egli è presente e viene in suo aiuto, subito il suo cuore è colmo di fede, e capisce allora che la preghiera è il rifugio del soccorso, la fonte della salvezza, il tesoro della fiducia, il porto libero dalla tempesta, la luce di coloro che sono nelle tenebre, il sostegno dei deboli, il sollievo nel tempo delle prove, l'aiuto in mezzo alla malattia, lo scudo che libera nelle lotte, la freccia lanciata contro il nemico. In una parola, la moltitudine dei beni entra in lui mediante la preghiera. Trova dunque le sue delizie ormai nella preghiera della fede. Il suo cuore risplende di fiducia.

domenica 5 febbraio 2017

La Madonna di Gerusalemme

All’improvviso nella vita si fanno scoperte importanti. Prima c’è sempre un tempo di smarrimento, neanche lo sai che qualcosa avverrà, solo in fondo fai la scoperta. O forse è quello che trovi che ti permette di risalire. Ad ogni modo il mio amico Franco di ritorno da Gerusalemme mi racconta la sua speciale esperienza, ha visto la  Madonna, col seno nudo. La particolare visione è avvenuta non so più in quale chiesa, dove la guida esperta ha mostrato _“L’unico quadro al mondo di una Madonna con Bambino,  a seno nudo”_ . Da qualche tempo mi diletto di arte, e con gli amici facciamo passeggiate tra le cose della cultura. Un passatempo come un altro. Richiede comunque un pochetto di lettura e _cum scienza_ , quel conoscere che da consapevolezza e sapore. Così, quasi distrattamente ho corretto il mio amico. Macché unico al mondo, è un’iconografia tradizionale, usata per raccontare tra l’altro la Misericordia. L’economia di questo racconto mi fa risparmiare tutti i dettagli che ho aggiunto. Non mi piace dirlo, ma un poco me la tiro su queste cose di cultura. Forse per mettermi nell’umiltà,  Franco anziché convenire ha dubitato del mio dire, in confronto col dire dell’esperta guida, che tra l’altro l’unico al mondo glie lo ha fatto anche vedere. Non poteva essere! Dubitare della mia scienza con tanta leggerezza! Ma tra me e me avevo già calcolato di avere la partita vinta. In men che non si dica, con lo smartphone basta un comando vocale _et voilà_ , in un attimo la lista. Mai fare i conti senza l’oste. Il buon amico, contrariato e infastidito, non si smosse di un millimetro dalla convinzione acquisita con l’esperienza. L’unico quadro con la Madonna a seno nudo lo aveva visto a Gerusalemme e mai prima di allora in nessuna altra parte. La faccenda ormai aveva svelato tutta la fatica che pretendeva per essere affrontata. Intenzionato a vincere la sfida, ho subito pianificato il giro per tutte le chiese e i musei dove è un quadro della Vergine che allatta. Ci sono volute settimane in giro, a vedere il santo seno. Per non dire di tutti i luoghi che ho visitato per conto mio da cui ho inviato fotografie. La vicenda mi ha esposto anche a un certo rischio.  Tutte quelle foto, per quanto pie, nella mani sbagliate si offrivano a chi sa quali interpretazioni. Ma quello che ormai era diventato un affronto, doveva essere lavato con un salubre bagno di evidenza. Il bagno non c’è stato, tutt’al più una rinfrescata. Il mio amico infatti alla fine ha solo accettato l’idea che di quel _”quadro unico al mondo”_ c’è n’è più di uno. D’altronde lui lo ha visto prima di allora solo a Gerusalemme. Un fatto simile, ad un tipo che passa il tempo a leggere, ed è certo di sapere le cose come stanno, lascia davvero sconcertato. Come è stato possibile non ottenere vittoria piena e immediata su una affermazione falsa in modo evidente? Una risposta a questo non la trovo tra i libri d’arte, ho avuto bisogno di altro. Tipo un libro di PNL di Robert Dilts, dove è raccontato un caso di letteratura psichiatrica. Un soggetto convinto di essere già morto, quindi un cadavere, impegnò il suo psichiatra allo stesso del _“quadro unico”_ con me. Il medico alla fine escogitò un sistema. - _I cadaveri sanguinano?_, domandò? - _Certo che no!_ - Ebbe in risposta. Così punse il paziente, che sanguinò. Il soggetto sortì: - _Allora anche i cadaveri sanguinano._ - L’intelligente stratagemma non ebbe alcun esito. Le convinzioni non cambiano né con i buoni ragionamenti né, meno che mai, con l’evidenza. Questo caso provvide a darmi solo una parte della risposta. Infatti se spiegava l’insuccesso delle mie dotte dimostrazioni, ho già scritto che un poco me la tiro, restava da spiegare il successo dell’errata affermazione _“dell’esperta guida”_. E così la Madonna di Gerusalemme che teneramente allatta il Divino Figliolo, mi ha portato ha conoscere il più arcano dei poteri dell’errore, dal nome furbo e ingannevole, la post-verità, post-truth. Un potere oscuro e tecnologico. Funziona in questo modo. C’è una verità con dati certi e facilmente verificabili. La Madonna che allatta a seno scoperto è un’iconografia ricorrente e in rete si può reperire un cospicuo elenco di dipinti. Tale verità viene sostituita da una che colpisce direttamente i sensi e produce un’emotività che la rende credibile. Questo è l’unico quadro, lo vedete, e voi state avendo un privilegio a poter raccontare di averlo potuto vedere qui a Gerusalemme. Si capisce che una cosa del genere non si smonta con nessuna spiegazione. Sulla rete il meccanismo è raccontato a partire dai casi internazionali della Brexit, resa possibile dalla diffusione della post-verità dei costi per la Gran Bretagna. E col caso Trump, che ha messo in dubbio i natali statunitensi del suo predecessore. La tecnologia fa da supporto strategico a questo indubbio potere oscuro. Che colpisce la verità dei grandi fatti, ma con i _twitt_, i post, i commenti può colpire chiunque e qualunque modo. Un fatto mi era già capitato che mi aveva allertato. Un discorsetto di quelli motivazionali che gira da secoli sulla rete. Grazioso, si legge e si dimentica pure. Da qualche tempo ha cominciato a girare come un discorso del Papa. E mi arriva ricorrentemente con Wathsapp. Quando ho provato ad informare i mittenti che quel grazioso discorso che inizia: - Puoi aver difetti, essere ansioso e irritato, ma non dimenticare che la tua vita è la più grande azienda del mondo – è uno schema di tipo motivazionale ho dovuto smettere. Le persone ne sono state profondamente turbate. La post-verità è oscura proprio per la sua forza di toccare la sfera interiore e radicarsi nello spazio della verità. Ora sono sicuramente più sereno. So che avevo a che ho avuto a che fare con qualcosa di enorme e che la mia sconfitta è più che giustificata. Posso tornare a coltivare le mie letture, con l’avvertenza di non divulgarle con leggerezza. La Madonna di Gerusalemme mi ha insegnato molto. Anche la prudenza nel dire la verità, prima fare attenzione che non ci siano delle post-verità in circolazione.