Andando
per conventi
Una cosa che mi piace
dei conventi, sono i conventi. Hanno un’atmosfera di antico, il profumo del
legno e sono abitati da gente allegra. Soprattutto se sono contemplativi. Come
i carmelitani. Salto a pie’ pari la nota polemica “tanto non hanno pensieri”,
in quanto viene proposta solo da chi la vita fa finta di conoscerla. Se c’è
qualcuno che ho sempre trovato impegnato, con il tempo suddiviso in frazioni
consapevoli di attività, è proprio chi vive in convento. Ho conosciuto diverse
realtà monastiche. Tra i carmelitani ho maturato qualche amicizia. Una è con
padre Arturo, vado volentieri a fargli visita, con lui si parla sempre di cose
belle. Domenica scorsa, la conversazione è andata avanti e indietro da San
Giovanni della Croce a Santa Teresa D’Avila. D'altronde è carmelitano e
spagnolo. Mentre io, carmelitano in fieri, sono innamorato della mia Teresa, che tutti chiamano la piccola. Ora, se lei è piccola,
figuriamoci cosa è la grande. Arturo ne è uno studioso, ci siamo ripromessi di
approfondirla. Nel frattempo, circa la mia francese è bene scriverlo, se
qualcuno vuole conoscere Santa Teresa di Lisieux, convinto che “l’infanzia
spirituale” del suo carisma sia una passeggiata, si faccia l’idea che scalare
una montagna di notte sarebbe notevolmente più semplice. Tornando alla
conversazione con Arturo, tra i tanti, vorrei lasciare alla memoria elettronica
due pensieri. Uno riguarda Papa Francesco. Mi ha raccontato che la sua
catechesi sta riavvicinando alla Chiesa tantissimi che si erano allontanati. E
lui ha il polso della situazione soprattutto dal confessionale, dove tanti si
avvicinano grazie alle parole del Santo Padre. Attratti in particolare da “una Chiesa povera per i poveri”. Questo
ovviamente rallegra il cuore, un rinnovamento che entusiasma. Soprattutto un incitamento
che chiama a cercare la Verità nel Vangelo anche quelli che nella Chiesa ci
sono da tanti anni, magari un poco ingrigiti dal tempo. Il secondo pensiero l’ho
fissato nella mente come un’ispirazione a cui attingere. Mi ha detto così: <<Sono sempre stato molto contento del
servizio al confessionale. Vengono tanti legalisti, “ho fatto questo, non ho
fatto questo”, ed è normale. Ma non sai quanta gente santa. Persone che cercano
Dio e vogliono crescere spiritualmente>>. Dico la verità, trovare
sacerdoti contenti a me capita spesso. Trovare sacerdoti contenti delle persone
che vanno in chiesa è più raro. Diciamo che mi capita di sentirlo solo nei
monasteri. Forse attraggono persone in ricerca. Non so. Racconto solo che il
ruolo che svolgono i monasteri è silenzioso, ma vitale.
Proprio mentro ero al
convento Papa Francesco all'Angelus ha detto: <<La pazienza significa
preferire una Chiesa che è lievito nella pasta, che non teme di sporcarsi le
mani lavando i panni dei suoi figli, piuttosto che una Chiesa di “puri”, che
pretende di giudicare prima del tempo chi sta nel Regno di Dio e chi no>>. Il giorno dopo Marco Burini, ha
fatto una riflessione che propongo sempre anche io. Papa Francesco mi guida e
ho fiducia in lui, ma non per questo credo che la Chiesa dei puri sia quella
che sta dalla sua parte. Nemmeno credo che la parte che gli è ostile,
credendosi pura, lo sia. Ma non è nemmeno il nemico. Come ho scritto un’altra
volta, in questo mi è di aiuto Quo Vadis di
Henryk Sienkiewicz, che
racconta che alla fine i primi cristiani,
di ogni personalità salirono tutti sulla croce. Vero che spesso i presunti puri
hanno l’attitudine ad espellere, ed io ne so qualcosa. In nome di un malcelato
borghesismo, selezionano, se non addirittura “cacciano”. Ne sono testimone con la mia pelle. Non
avendo funzionato il mobbing, sono
stati costretti all’esplicito. A maggior ragione posso sostenere credibilmente
il principio che non ci sono buoni e cattivi definiti. Nemmeno quando si agisce
male. Solo quando verrà il tempo, l’unico giudice renderà luce alla Verità. In
questo tempo, come dice il Papa, preferisco crescere in pazienza. Sperando che
padre Arturo valuti anche me tra quelli che cercano Dio.
Arturo Lanìa
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